Ieri  il maggior azionista (!) del Foggia ha fatto l’ennesima dichiarazione che aveva tutto l’aspetto di una presa di posizione, non troppo velata, asserendo che se non dovesse esserci un’alternativa alla cessione delle sue quote societarie  ( ma in un comunicato non aveva scritto che avrebbe lasciato quest’onere alla Sindaca di Foggia? ) sara’ costretto a mettere in “liquidazione” la societa’ di via Gioberti. Allora abbiamo voluto mettere alla vostra attenzione quello che potrebbe accadere se una societa’ di persone o di capitali, mettesse in “liquidazione” le quote di un socio, anche se inadempiente. Ci siamo informati presso l’Organo di controllo concorsuale  e un Giudice delegato che hanno spiegato quanto segue.

” Quando  una societa’ il cui socio di maggioranza, anche se con  “gravi inadempienze” , vuole determinare lo scioglimento della societa’ e la sua esistenza, si apre la fase di liquidazione della società stessa finalizzata appunto allo “smaltimento” della stessa, il cui ricavato andrà utilizzato principalmente per soddisfare i creditori della società ed eventualmente, in ultima battuta, per remunerare i soci. In ragione della propria qualità di socio che vuole liquidare la societa’ non potrebbe sopravanzare i creditori della stessa società, i quali hanno la precedenza nella ripartizione dell’attivo societario. Nel caso del Calcio Foggia 1920, il procedimento di liquidazione della quota societaria del 51 %, potrebbe essere assorbito dalla procedura generale di liquidazione societaria, poiché declinando le norme degli artt. 2290 e 2289 con la disciplina delle società a responsabilita’ limitata (ndr ) risulta che una volta scaduto un semestre senza che siano state ricostituite le categorie necessarie di soci, scatterebbe automaticamente lo scioglimento e la messa in stato di liquidazione della società, con l’ulteriore conseguenza che l’azione del socio per ottenere la propria quota deve necessariamente inserirsi nella procedurale generale di liquidazione societaria, nel rispetto dell’ordine dei creditori.

 

               

Ma occorre precisare, solo ai fini di determinare da che momento l’ex socio può agire giudizialmente per ottenere la propria liquidazione, perché il diritto sostanziale del credito si è già perfezionato allo scadere dei 30 giorni successivi alla comunicazione dell’esclusione. All’atto pratico, questo significa che la liquidazione della quota del socio, escluso o receduto, seguita dalla messa in stato di liquidazione della società, dovrà essere effettuata tenendo conto del valore della quota al momento del recesso, e non all’esito del riparto tra tutti i soci. Il socio escluso o receduto verrà quindi pagato dal liquidatore nel rispetto delle varie categorie di creditori e di prelazione ma la sua quota non sarà calcolata dividendo l’attivo rimanente tra tutti i soci, ma con riferimento al valore che questa aveva al momento dell’esclusione. Cosa succede con l’esclusione/recesso del socio che avvenga successivamente alla messa in liquidazione della società? Per la verità, parte della giurisprudenza meno recente non riteneva nemmeno possibile questa possibilità nelle Srl. Una interpretazione ricavata dall’art. 2270 cc, secondo cui non sarebbe più possibile la liquidazione della quota di un socio dopo lo scioglimento della società, perché è già in atto la liquidazione di tutte le quote sociali. Ma la giurisprudenza più recente ha rettificato questa interpretazione ammettendo la possibilità di escludere un socio anche dopo lo scioglimento della società, poiché questa continua ad esistere fino al termine della liquidazione, in forza di un contratto che non sarà più finalizzato all’esercizio dell’attività ma alla definizione dei rapporti ancora esistenti. I soci quindi sia con il 51% che con il 49%, finché la società esiste, ancorché in stato di liquidazione, sono titolari di diritti e destinatari di doveri. Per cui, il socio “gravemente inadempiente” potrà essere escluso dopo la delibera di messa in stato di liquidazione della società. Tanto più che lo stato di liquidazione non è un’operazione irreversibile, ma “annullabile” eliminando la causa che l’ha determinata. Impedire al socio (51% ) di escludere il socio (49%) durante la fase di liquidazione, equivarrebbe a mettere una vera e propria pietra tombale sulle possibilità di inversione del processo di liquidazione della societa’. Per quanto riguarda invece le procedure di liquidazione, a differenza di quanto visto in precedenza, la quantificazione della quota del singolo socio escluso o receduto andrà trattata alla stregua di quella degli altri soci. Per la verità, questa impostazione, figlia già della sentenza di Cassazione a Sezioni Unite n. 291/2000, non è del tutto condivisa, perché antecedente alla grande riforma societaria del 2003. Ma non potrebbe essere altrimenti, dato anche l’art. 2280 c.c. vieta la ripartizione e il rimborso a favore dei soci prima che siano pagati i creditori della società. In altre parole, quando si perfeziona il diritto alla liquidazione della quota, sorge automaticamente in capo alla società un ulteriore debito, che sarà comunque pagato dopo l’estinzione di tutti i debiti tra i soci. Questo rapporto e’ intrimseco nelle società di capitali e in particolare nelle srl. La particolarità da sottolineare in questo caso è la possibilità per i soci sopravvissuti di “annullare” gli effetti del recesso del socio, tramite acquisto della quota del socio uscente, anche attraverso riduzione del capitale sociale. Chiaramente, laddove ciò non fosse possibile, la società sarà costretta allo scioglimento. Più in particolare, i soci hanno la possibilità di neutralizzare il diritto di recesso del socio eliminando la causa che lo ha legittimato, oppure deliberando direttamente in risposta al recesso lo scioglimento della società. Ciò non è infrequente, data la sottolineata prevalenza della figura del socio (Pintus ndr ) all’interno delle srl, per cui il venir meno delle qualità del socio uscente può indurre i soci superstiti a preferire lo scioglimento societario al posto di continuare senza il socio receduto (il 51% ndr)Ma le norme non pongono un termine perentorio entro il quale possono essere azzerati i recessi dei soci delle srl, con il rischio di lasciare il socio receduto in un limbo di incertezza rispetto al proprio destino all’interno (anzi, all’esterno) della società. Per cui, anche in questo caso, l’esclusione o il recesso del socio non si compiono pienamente solo al momento della liquidazione della quota, ma alla scadenza del termine fissato per la realizzazione dell’effetto risolutivo. In conclusione, sia che si parli di società di persone che di società di capitali, l’eventuale liquidazione della società che dovesse sovrapporsi con l’esclusione del socio implica il differimento del solo pagamento della singola quota, nel rispetto delle prelazioni previste per i diversi creditori sociali.”

 

 

Foto della Pintus da :  FoggiaGol

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *